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martedì 17 febbraio 2009

Comunicare la salute: nasce la mobile Health

Tre importanti fondazioni, United Nations, Vodafone e Rockefeller hanno deciso di unire le forze per fondare un'Alleanza Sanitaria Mobile, con l'intento di riunire i progetti ideati per migliorare la fornitura di cure mediche nel mondo, utilizzando la tecnologia mobile.

Scopo primario dell'accordo è quello di ridurre la frammentazione delle iniziative già esistenti, coordinando gli interventi umanitari di governi, associazioni no-profit e aziende di telefonia.

Una campagna globale. E' il primo passo verso la nascita della cosiddetta "mHealth" (mobile Health), un termine coniato di recente per identificare proprio questo nuovo filone di applicazioni, apparso in un articolo pubblicato da Bbc News.

Per mobile Health si intendono le iniziative tese a connettere tra loro i territori più remoti e i centri urbani, con l'ausilio di tecnologie Gps e wireless, perché le cure possano essere somministrate al maggior numero di persone possibile. Per esempio, inviando nei villaggi gruppi di paramedici a bordo di furgoni attrezzati, in modo da coprire vaste aree e rimanere in contatto con i medici, dai quali ricevere le opportune istruzioni.

Figura_1 - Dispositivi per la mobile Health studiati da IBM - mobile Health IBM Toolkit

Troppo spesso infatti la lontananza dai centri abitati, dove opera l'80% dei medici, ha comportato la perdita di vite umane.

Solo in India, 1 milione di persone muore a causa dell'assenza dei servizi sanitari essenziali nei villaggi rurali.

L'era della mobilità. La crescente diffusione dei cellulari anche nei paesi in via di sviluppo, ha trasformato il telefonino in un potente mezzo di prevenzione, con l'invio di sms mirati all'educazione sanitaria e contenenti consigli per la profilassi contro l'Aids.

In Uganda, l'iniziativa ha portato al 33 per cento in più di chiamate ai numeri dedicati all'assistenza medica.

Un'altra soluzione di sicuro interesse ha visto l'installazione di un sensore sulle bottiglie di medicinale in Sud Africa, insieme ad una Sim card, per avvisare il personale sanitario se i pazienti stavano prendendo i loro farmaci anti-tubercolotici oppure no. La percentuale di persone che, grazie al monitoraggio, ha continuato a seguire regolarmente la terapia loro assegnata è salita esponenzialmente, dal 22 al 90 per cento.

Figura_2 - Funzionamento dispositivo per controllare l'assunzione di farmaci- SimPill dispenser function

Uno strumento utile ma non indispensabile.Tuttavia, come ci ricorda uno degli ultimi rapporti sull'uso delle tecnologie informatiche in medicina, dal titolo: "Computational Technology for Effective Health Care: Immediate Steps and Strategic Directions", in cui sono stati analizzati i sistemi di cui si avvalgono 8 tra gli ospedali americani più informatizzati, non dobbiamo cadere nell'errore di vedere la tecnologia come la panacea di tutti i mali che affliggono la gestione dei dati e l'applicazione delle cure mediche.

Come infatti conferma il quotidiano Le Monde, la tecnologia non deve essere considerato se non uno strumento secondario, quando non dà prova di poter migliorare concretamente la qualità delle cure.

La corretta automazione delle procedure ospedaliere non dovrebbe essere una scusante per giustificare la presenza di eventuali carenze diagnostiche o problemi di ordine organizzativo.

Il paziente prima di tutto. Dallo studio emerge, invece, la proposta di ri-orientare tali sistemi, in modo da rimettere al centro dell'interesse non la gestione dei dati, ma il paziente e l'aiuto che i medici possono ricevere dalla tecnologia per capirne le esigenze. Per esempio, sfruttando modelli virtuali, come quelli giunti già ad uno studio avanzato in alcuni centri di ricerca statunitensi.

La versione originale della notizia è recuperabile sul sito della Stampa, nella sezione tecnologia, a cura di Anna Masera, dove sono presenti ulteriori spunti di approfondimento sul tema medicina e ICT.

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