Si è tenuto a Berlino il 10 ed 11 Settembre, l'IDC European It Forum, per fare il punto sullo stato dell'arte delle nuove tecnologie in Europa e del loro impatto sul mondo del lavoro futuro.
Dal convegno è emerso che l'internet di seconda generazione (il cosiddetto Web 2.0), che si appresta a raggiungere la sua terza fase, inizia a modificare sensibilmente l'economia mondiale con paradigmi figli della maturazione delle generazioni di navigatori, dei sempre più sofisticati strumenti software utilizzati e della sempre maggiore velocità con cui le informazioni si diffondono in Rete.
La collaborazione di massa, la nascita di reti sociali, lo scambio peer-to-peer, le licenze di copyleft, hanno dato vita a fenomeni rivoluzionari quali l'Open Source, che ha modificato l'economia del software e Wikipedia, l'enciclopedia online creata dagli stessi utenti.
Una delle voci più autorevoli che si è distinta durante il meeting è stata quella del professor Don Tapscott divenuto famoso in tutto il mondo negli ultimi dodici mesi per il suo libro best seller Wikinomics, distribuito da poche settimane anche in Italia. Nel testo, per certi versi assolutamente rivoluzionario, Tapscott prevede un forte cambiamento nel prossimo futuro per il lavoro di tutti noi, con Corporations sempre più "aperte" all'esterno e dove ai tradizionali lavori e lavoratori si aggiungeranno nuove figure e nuove professioni che oggi ancora non esistono.
Ma cosa si intende esattamente per Wikinomics? E' lo stesso professore a fornire una risposta:
"La Wikinomics è la teoria e la messa in pratica della nuova collaborazione di massa. Wiki si riferisce al software che dà oggi la possibilità ad una incredibile moltitudine di persone di aggiungere e modificare documenti su Internet, ma è diventata una metafora per indicare la collaborazione che avviene su scala "astronomica" oggi nel nostro mondo grazie ad Internet. Si può realizzare un'enciclopedia collaborando assieme a milioni di persone che non si conoscono così come implementare nuovi Software, senza muoversi dalla scrivania.
In quali settori potrà essere applicata questa teoria? Tapscott ne individua alcuni: "Possiamo vedere esempi in tutte le attività economiche senza distinzioni.
I giovani di oggi sono spesso all'avanguardia ma sono persone che considerano il Web 2.0 non come nuova tecnologia ma come l'aria che si respira - un elemento trasparente ma indispensabile della nostra vita, è come il frigorifero o l'automobile per la generazione dei baby boomers, oggi nessuno più si stupisce dell'uso di tali tecnologie! Possiamo avere applicazioni della Wikinomics in tutti i settori, Finanza, Assicurazioni, Media, penso a Google ed altri Conglomerati Digitali che hanno già reso le loro organizzazioni compatibili con il Web 2.0 ma è un fenomeno che andrà a diffondersi in ogni area economica".
Questa logica innovativa è destinata a pervadere l'economia e a rivoluzionare l'organizzazione aziendale, avviando nuove forme di partecipazione dei dipendenti nei confronti del business. "E' proprio nel cuore delle aziende che si iniziano queste rivoluzioni; basti pensare che i primi produttori di software collaborativi sono stati le imprese che hanno testato questi sistemi al loro interno, verificando un notevole incremento di produttività, prima di poter esportare tali metodi all'esterno. Ricordiamo ad esempio Google, ma anche Sun, IBM, Yahoo o Microsoft".
Secondo Tapscott in futuro le Corporations non spariranno, ma ad esse si affiancheranno nuovi modelli di business. "Nei prossimi 20 anni, assisteremo a grandissimi cambiamenti nel mondo del lavoro che non sono stati osservati probabilmente negli ultimi 50. Il tasso di mortalità e trasformazione delle aziende aumenterà rapidamente a favore di nuove realtà che stanno sorgendo in questo periodo.
E aggiunge: "la classifica di Fortune 500 fra venti anni sarà ben diversa dall'attuale. Penso ad esempio ai due "continenti" emergenti quali Cina e India che nei prossimi decenni avranno uno sviluppo impressionante, saranno il motore di questa nuova economia e non solo nel campo industriale come tutti noi oggi crediamo, ma soprattutto nei settori nuovi di produzione di idee e conoscenza la cosiddetta Knowledge Economy: già ora la Cina forma ogni anno più ingegneri di tutto il mondo occidentale".
E aggiunge: "la classifica di Fortune 500 fra venti anni sarà ben diversa dall'attuale. Penso ad esempio ai due "continenti" emergenti quali Cina e India che nei prossimi decenni avranno uno sviluppo impressionante, saranno il motore di questa nuova economia e non solo nel campo industriale come tutti noi oggi crediamo, ma soprattutto nei settori nuovi di produzione di idee e conoscenza la cosiddetta Knowledge Economy: già ora la Cina forma ogni anno più ingegneri di tutto il mondo occidentale".
4 commenti:
Post molto interessante. Sono convinto che uno dei concetti chiave su cui si fonda e si fonderà sempre di più l'economia della conoscenza sia quello della "collaborazione".
Qualche tempo seguii una conferenza del prof Henry Mintzberg e qui lui sostenne la necessità di passare, da un puno di vista organizzativo, a nuovi modelli di leadership che fossero più flessibili, più bottom-up, e più adatti quindi a sopravvivere nell'era della knowledge economy. Mintzberg utilizzò un termine che mi colpì molto: communityship (un modello di management partecipativo che cercasse di risolvere, quanto più possibile, i problemi dal basso).
Qui puoi trovare il mio post relativo a quel magnifico seminario: http://rasputinstarec.blogspot.com/2007/04/henry-mintzberg.html
Le idee di Mintzberg meritano sicuramente attenzione. Nella società della conoscenza in cui siamo immersi non possiamo rimanere legati ad un unico modello organizzativo standard ma dobbiamo aprirci a nuove forme di collaborazione dal basso.
Nessuna azienda può sopravvivere senza adattarsi al cambiamento, questo è certo. Resta da vedere se in un paese poco orientato all'innovazione come il nostro ciò sarà possibile in tempi brevi.
Che dire. Nulla di nuovo. Sono scenari che auspico. Anche se sono preoccupato per il mio paese che su questo è all'età giurassica.
Però, Possiamo anche dire che fra 10 anni tutto ciò di cui ci preoccupiamo sarà solo un ricordo.
Adesso pensiamo che collaborazioni planetarie e altri scenari siano difficili da attuare nel nostro paese e altrettanto difficili da innestare nel ciclo produttivo.
Ci penseranno i nostri figli :-)
Spero che noi giovani riusciremo a dare una scossa al sistema produttivo, portando avanti queste idee. Chissà magari qualcuno inizierà a investire sul futuro del Paese.
E non parlo delle solite promesse cadute nel vuoto...
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