È sempre lui, Tim Berners-Lee, ormai baronetto inglese, il più visionario del web. Fu lui, nei primi anni ' 90, a inventarne il protocollo che lega una pagina all' altra, attraverso appositi link immersi nei testi, in una «ragnatela grande come il mondo», il world wide web, appunto. E fu lui a sognare un mondo di conoscenze interconnesse e di idee condivise. La qual cosa sta appunto concretamente avvenendo, in quell' ambiente tanto virtuale quanto reale che viene chiamato il Web 2.0, la seconda ondata della rete, caratterizzata da una spinta interattività delle pagine: quello che ieri si leggeva soltanto, ora è possibile commentarlo, arricchirlo.
Le notizie e le conoscenze sparpagliate per il pianeta così diventano pubbliche (vengono «pubblicate») e ognuno può essere autore. Ognuno secondo la sua competenza, autorevolezza o frivolezza. C'è chi fa il suo diario personale - un blog - per raccontare agli amici l' ultima serata in pizzeria; chi compila testi per l' enciclopedia Wikipedia, ormai un robusto repertorio di informazioni di base con quasi 2 milioni di voci; ci sono milioni di persone che depositano il proprio profilo personale sui social networks come MySpace, Facebook, o in Italia Dada.net (società partecipata dal gruppo editoriale Rcs, editore di questo giornale). O ancora nei molti siti per i filmati online, di cui YouTube è solo il più noto, ma non l' unico.
Luoghi di incontri, di relazioni tra lontani, ma anche tra compagni di scuola o di ufficio. La passione per le sigle numeriche, fa sì che già da tempo si parli del web 3.0, la cui definizione peraltro è assai confusa. Secondo il buon Tim la sua caratteristica sarà di essere un web semantico, e cioè capace di estrarre automaticamente i significati dalle frasi e dalle parole, di modo che la ricerca e la connessione tra le idee possa essere in larga misura automatizzata, da macchina a macchina, ma per aiutare meglio gli umani a fare quella cosa che a loro piace assai: chiacchierare, conversare, godere del piacere di un dialogo, frivolo o serio che sia. E conversando produrre collettivamente idee nuove: la «sapienza delle masse», come descritta nell' omonimo libro dal saggista americano James Michael Surowiecki: quella che emerge dal basso e si consolida in punti di vista condivisi.
La nuova ondata è partita sull' onda delle intuizioni dei giovani vecchi come Berners-Lee (52 anni), Vinton Cerf (64), Ray Ozzie di Microsoft (52), ma ha trovato altri protagonisti che le hanno fatte proprie, realizzate e magari trasformate in imprese di successo finanziario. Oltre alle famosissime coppie di Stanford che inventarono Yahoo! (Jerry Yang e David Filo) e Google (Larry Page e Sergey Brin), come non esprimere un sentito ringraziamento a quelli del software aperto, a cominciare dal finlandese Linus Torvalds? E a quelli delle connessioni «da pari a pari» tra computer (p2p), come l' inventore del popolare software Bit Torrent, Bram Cohen. Per non dire dell' instancabile coppia fatta da Niklas Zennstrom, svedese, e Janus Friis, danese, che nel loro curriculum di trentenni hanno all' attivo Kazaa (scambio di file musicali), Skype (telefonia via Internet) e di recente Joost, una web tv anch' essa p2p.
Tra i giovanissimi l' invidia e l' ammirazione andranno soprattutto a Mark Zuckerberg, 23 anni, e a Jon Lech Johansen, 24. Il primo si è inventato il social networks oggi più di moda, Facebook, inizialmente destinato agli studenti dei college, ma ora esploso a scala mondiale; lo gestisce insieme con le sorelline, ha rifiutato sdegnosamente offerte miliardarie da Viacom e Yahoo!. Sembra divertirsi e forse progetta di andare in Borsa da solo. Quanto al norvegese Johansen, è soprannominato «DVD Jon» perché fu il primo a scardinare i sistemi di protezione anticopia dei DVD. Cercarono di processarlo sostenendo che la sua era violazione grave del copyright, ma venne assolto e tuttora continua nelle sue «malefatte»; l'ultima impresa è stata di dimostrare come i nuovi cellulari della Apple, iPhone, potessero essere sganciati dal fornitore cellulare At&t e liberamente attivati, indipendentemente dall' abbonamento.
È uno di quei casi in cui la tecnologia digitale e di rete mostra tutta le sue potenzialità di «distruzione creativa», scuotendo modelli e business consolidati e costringendo tutti a ripensare se stessi e il proprio modo di operare, reinventandosi. Gli effetti si fanno sentire anche nella vita civile e politica, dove le «caste» ormai devono fare i conti e confrontarsi con il caos creativo che li investe dal basso. In questo caso il processo è più lento, perché grandi sono le inerzie, ma gli scossoni si avvertono, persino nel mondo politico italiano, sia pure tra ingenuità e contraddizioni. Non abbiamo ancora la nostra Arianna Huffington, che gestisce l' omonimo blog politico, tra i più influenti, né il nostro Markos Moulitsas Zuniga di DailyKos, ma il sentiero è segnato ed è buono per la democrazia, virtuale e soprattutto reale.
Franco Carlini
30 agosto 2007
30 agosto 2007
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